Domenica 5 Maggio 2024

Anche la termoablazione per combattere il tumore. Il calore elimina le cellule

Un’arma si aggiunge alle tecniche tradizionali

Termoablazione, un'arma in più per combattere i tumori

Termoablazione, un'arma in più per combattere i tumori

TERMOABLAZIONE, cioè il calore per uccidere le cellule tumorali. Un metodo complementare alla chirurgia tradizionale, alla radioterapia, alla chemio e ai nuovi farmaci, che arricchisce il ventaglio delle armi in nostro possesso per combattere il tumore. Grazie all’evoluzione tecnologica degli ultimi anni e all’impiego delle microonde, oggi la termoablazione è diventata estremamente precisa e quindi ancora più preziosa. 

Un campo sferico che riscalda a oltre 50 gradi le cellule tumorali uccidendole

Quasi tutti abbiamo in casa un forno a microonde e sappiamo che il cibo si scalda e cuoce a causa dell’attrito tra le sue molecole d’acqua, che vengono fatte vibrare dalle microonde. Ebbene, Medtronic, sfruttando l’impiego delle microonde nella sanità ha messo a punto uno strumento ablatore, simile a un’ago metallico (antenna) che, inserito all’interno del tumore, crea un campo sferico che riscalda (a oltre 50 gradi) le cellule tumorali, uccidendole. "Negli ultimi anni – afferma Gianpaolo Carrafiello, professore ordinario di Diagnostica per Immagini, Radioterapia e Neuroradiologia dell’università di Milano e direttore di Radiologia all’ospedale San Paolo – l’innovazione tecnologica ha messo a disposizione dispositivi in grado di aumentare le dimensioni delle aree di ablazione tumorale che, grazie alla definizione di contorni perfettamente sferici, sono diventate sempre più definibili. I nostri pazienti vengono trattati in sedazione moderata nella sala angiografica. Eliminando l’anestesia generale, si possono, così, trattare tutti i pazienti non eleggibili ad altre terapie per la presenza di comorbilità. La degenza è generalmente di 1 o 2 giorni".

Una pratica meno cruenta della chirurgia tradizionale, più rapida e meno dolorosa

"I benefici della termoablazione per il paziente oncologico – sostiene Sandro Barni, direttore del dipartimento Oncologico dell’Asst Bergamo Ovest-Treviglio – riguardano prevalentemente il fatto che è una metodica meno cruenta della chirurgia tradizionale, più rapida, meno dolorosa e ripetibile in caso di recidive. La termoablazione, a parte casi specifici come l’epatocarcinoma primario non è sostitutiva, ma complementare alla chirurgia tradizionale e ai trattamenti medici, e ha indicazioni ben precise, come il volume, il numero e la localizzazione delle lesioni tumorali. Per questo motivo è fondamentale che il paziente sia preso in carico da un team multidisciplinare, che deve essere composto, come minimo, oltre che dall’oncologo, dal chirurgo e dal radiologo interventista. L’importante è, infatti, definire l’appropriatezza terapeutica: capire, cioè, qual è il paziente giusto e il momento giusto per eseguire questa procedura".

  "Nel caso di epatocarcinoma primario con dimensioni non superiori ai 3 centimetri la termoablazione può essere considerata equivalente alla chirurgia tradizionale – dice Giovanni Sgroi, direttore del Dipartimento di Scienze Chirurgiche dell’ASST Bergamo Ovest-Treviglio – ma la metodica trova applicazione anche nelle metastasi epatiche. Nella chirurgia avanzata delle metastasi epatiche multiple, la termoablazione va associata e si integra con la chirurgia, estendendo così la possibilità di una completa bonifica della malattia". La termoablazione può essere effettuata sia su tumori primari, che secondari dei tessuti parenchimali (fegato, rene, polmone). Tuttavia è importante trattare non solo la lesione tumorale, ma occorre eliminare anche un margine di tessuto sano che, nel caso di un tumore primitivo deve essere di almeno 5 millimetri e in una metastasi di un centimetro.